23 gen 2019

Matrimonio civile: un contratto a capestro




Questa è una materia controversa ma avendo un alone fiocchi, fiori e confetti e che giunge a coronamento di un sentimento tanto decantato come l’amore, mi ha sempre lasciata basita l’ipocrisia che si nasconde al traguardo del fatidico giorno. Ebbene sì, anche questa disgrazia nasce dalla rivoluzione francese con la finalità di togliere potere alla chiesa, e sebbene si è sempre intravvisto una improbabile giustizia nel salvaguardare la parte economicamente più debole, di fatto con il tempo è diventato solo una mercanzia a buon o caro prezzo, dipende solo dalla prospettiva di chi deve sottostare alla fine di quello che amore non era. Quindi negli stati europei e americani il matrimonio civile fu introdotto con la Costituzione francese del 14 settembre 1791, fin lì stava saldamente nelle mani ecclesiali dai tempi dell’impero romano d’Occidente. Ora la laicizzazione del matrimonio, che doveva servire a separare la sfera civile da quella religiosa, è pure comprensibile perché i tempi si erano fatti “moderni”, se però non fossimo passati dal campo dei sentimenti al mercato delle vacche o dei buoi, però in genere sono più le vacche. Avete presente la frase detta da Cicerone “l’amore è un tentativo di costruire un’amicizia ispirata dalla bellezza”, oppure un Lao Tzu che declamava “la gentilezza nelle parole crea fiducia, la gentilezza nel pensare crea profondità, la gentilezza nel dare crea amore”. La meravigliosa Madame De Stael stendeva con mano ferma “l’amore è l’emblema dell’eternità, confonde tutte le nozioni di tempo, cancella tutta la memoria di un inizio, tutte le paure di una fine” ed il filosofo Hermann Hesse ribadiva “l’amore è qualsiasi movimento della nostra anima in cui l’anima sente sé stessa e riesce a percepire la sua vita”. Non può mancare il mio poeta preferito William Shakespeare che intonava “amore non muta in poche ore o settimane, ma impavido resiste al giorno estremo del giudizio, se questo è errore e mi sarà provato, io non ho mai scritto e nessuno ha mai amato”. Potrei continuare all’infinito perché sono tanti ad aver individuato cosa stiamo descrivendo: non un contratto da firmare per formare una società ma l’unione di due persone che desiderano diventare una famiglia; non un contratto per l’acquisto di una mercanzia ma l’incontro di due anime libere che si amano. Molte finte femministe strillano come ossesse perché vedono solo povere donne abbandonate con prole da mantenere, delle novelle Mimì quella della manina fredda nella Bohème di Puccini. Ebbene no care signore, oggi le donne lavorano sono padrone del loro destino ed i figli per legge, nati dentro o fuori dal matrimonio, vengono tutti salvaguardati economicamente. Qualora una copia decidesse che a lavorare sia uno solo, allora certo una salvaguardia va trovata, ma ormai sono pochi i casi. Quello che non va è l’occhio ingordo di chi con l’anello al dito comincia a fare una mappatura dei beni del consorte, in attesa del male che vada qualcosa si è rimediato. Care signore non c’è nulla di più bello della propria indipendenza, nessuno è tenuto a “mantenerci” e a chi usa la frase “non mi sposi perché non ti fidi di me” rispondiamo serenamente “vale anche il contrario, perché se fossi sicura del mio amore non avresti bisogno di una garanzia contrattuale”.  È infinitamente triste vedere un nobile sentimento finire al mercato!