10 giu 2015

Sulla LIBERTA'




Caro Voltaire, stiamo qui a meditare sulla tua frase: «Ma come! Sarà permesso a ciascun cittadino di non credere che alla sua ragione e di pensare ciò che questa ragione, illuminata o ingannata, gli detterà? È necessario, purché non turbi l’ordine» (Trattato sulla Tolleranza). Splendida e chiarissima, eppur non raccolta nel suo insieme. Adoriamo disquisire sulla libertà, gridando a squarciagola il nostro diritto ad averla, più ne parliamo, più la calpestiamo. La dea romana Libertà, rappresentava la libertà personale di ognuno ma s’identificava con la cosa pubblica (res publica), per lo storico romano Tacito, lo spirito di libertà è il sentimento umano più nobile, che unisce gli uomini di là dai confini geografici (e quindi dalle differenze insite). Tra i Greci era difesa la libertà della comunità politica, non del singolo; gli individui erano obbligati a leggi limitative, affinché tutti potessero vivere in uno Stato organizzato.  Trasvolando al 1600, incontriamo Cartesio che definisce la libertà come una scelta faticosa per cercare la verità tramite il dubbio. Con poche righe abbiamo tracciato un piano sul quale riflettere, e se non apriremmo gli occhi in fretta ci giochiamo il futuro dei nostri figli. E’ un fatto, siamo liberi quando possiamo decidere di pensare, esprimerci e agire senza repressioni; tuttavia bisogna rendere evidente che tutto nasce da condizionamenti, da leggi fisiche e naturali. O no? L’essere umano sta in società da qualche millennio, molti apprezzano la
sicurezza, il benessere, l’intercambio, un complesso generoso nato dall'alleanza tra individui dissimili. Perché l’egoismo, frutto del desiderio di vivere come ci garba, non distruggesse la convivenza, fu necessario fin dall'inizio dare delle norme, delle leggi. Tralasciamo il potere del più forte per ovvi motivi, se parliamo di “ragione”, di pensiero illuminato, dobbiamo dirigere lo sguardo ai principi validi per la maggioranza. Qui mettiamo la fine frase: “Purché non turbi l’ordine”, quello valido per la massa indubbiamente. Se ciascuna persona, o piccolo gruppo, grida al proprio diritto, va alla malora il bene supremo della superiorità numerica. Ecco la “res publica”, il bene comune deve dominare. Come una metastasi è penetrata, l’idea del ciascuno faccia ciò che vuole, per ottenerlo valgono vari modi, quello più nocivo è il vittimismo. Mette le persone di buona fede con le spalle al muro, lì per lì non si percepiscono le brecce nella diga del vivere pacifico, quando arriva l’acqua, il danno ormai è inevitabile. Nessuno dubita, siamo convinti di avere diritti irrinunciabili, non ascoltiamo ragioni se non quelle del nostro ego. Attenzione dall'unione, e in democrazia contano i voti, c’è la possibilità di salvarsi, al contrario se i rivoli sono tanti e si disperdono, l’alleanza si frantuma e si torna alla legge del più forte. In quel momento dove saranno i coraggiosi chiacchieroni dei diritti?