3 ott 2015

Brasile come mangiarsi un paese e vivere felici



I moderni brasiliani pare conoscano solo il tempo presente. Non hanno nessuna voglia di guardare al passato, essenziale per uscire da situazioni sfavorevoli, e il futuro tra un misto di scaramanzia e fatalismo, non è seducente. Questo, unito all’inesperienza, fa sì che il ricchissimo Brasile, dopo aver fatto qualche passo in avanti, di fronte all’emergenza esegua un balzo a ritroso. Nei primi anni del ‘900 il paese aveva una buona economia, soprannominata la politica del “caffè-latte”, perché con lo zucchero, erano i prodotti più esportati. Negli anni ’20 una forte depressione per il crollo del prezzo del caffè, favorisce gli oppositori del regime oligarchico dei latifondisti. Rappresentante di questa cordata era Getulio Vargas, avvocato nato in una famiglia ricca e potente, che perde le elezioni, ma nel ’37 spodesta il governo e diventa presidente, avviando una dittatura militare. Ebbe simpatie per Hitler e Mussolini ma gli USA dopo Pearl Harbor, lo inducono a inviare un corpo militare in Italia e Africa settentrionale, così per sua fortuna alla fine del conflitto sta con la parte giusta.  Poco dopo fu deposto da un pronunciamento militare, tuttavia da questa fase il paese uscirà con elezioni libere, una costituzione democratica e federale. Nel ’50 Vargas riesce a farsi rieleggere. Il suo governo non aveva una maggioranza consolidata, l’aggravarsi dei problemi economici e la corruzione tra gli uomini della sua amministrazione, lo portano al suicidio nel ’54, prima, però aveva creato il monopolio del petrolio, fondando la Petrobrás. Anello di congiunzione al periodo attuale. L’operazione scoperta dalla polizia federale brasiliana e denominata “lava-jato” prende il nome da un distributore di benzina, nel quale funzionava un ufficio di cambio, dove avveniva il “lavaggio rapido” del denaro illecito; la somma pattuita era consegnata dalle maggiori imprese di costruzioni a politici corrotti in cambio di contratti con imprese pubbliche,
particolarmente con Petrobrás. Questa impresa petrolifera impiega 80.000 persone, e si deve moltiplicare per due e mezzo le persone nell’indotto, tanto per dare un’idea dell’elevatissimo numero di beneficiari. Intanto è sparita la felicità per i nuovi giacimenti scoperti, a 300 km dalla costa nel 2007, e per il 4° posto sbandierato nella classifica mondiale, portando la sua valutazione nel 2008 a 200 miliardi di euro, adesso è 85% in meno. Bisogna con realismo elencare cause e concause per
tentare di comprendere il reale problema di questo paese. La popolazione brasiliana è di oltre 200 milioni, senza contare la realtà dei bambini nati per strada e sconosciuti perché senza identità. In Brasile ci sono più omicidi in un anno, dei morti causati dalla guerra civile siriana. Da un rapporto dell’ONU nel 2012 sono state uccise 42 mila persone, delle 50 città più violente della terra, 16 sono brasiliane, e il numero è in crescita. Nel 2013 il PIL brasiliano era di 2.246 milioni di dollari, occupando la 7° posizione mondiale. Se andiamo a ritroso, scopriamo che il Brasile nel 1975 era popolato da 121.500.000 abitanti, il suo PIL era di 108 milioni di dollari. Il problema è che il PIL, il prodotto interno lordo, in un paese come il Brasile serve solo per la tifoseria calcistica e per la propaganda politica: evviva siamo al settimo posto! Altra cosa è il PPA, la parità del potere d’acquisto pro capite, questa sì serve a comparare il benessere dei singoli paesi. Succede che il gigante retrocede all' 81° posto, perché nel 2013 il suo PPA  pro capite era di 11.747 dollari. Per avere un’idea del gioco: il piccolo Portogallo era popolato nel 1975 da 9.093.000, il suo PIL era di 19,3 milioni di dollari; nel 2013 con una popolazione di 10.460.000 contava con un PIL di 227,3 milioni, ma con un PPA di 23.047 dollari, perciò a differenza del Brasile stava al 45° posto! Ricordiamo la storia raccontata dal poeta romano Trilussa: se qualcuno mangia un pollo e qualcun altro no, in media hanno mangiato mezzo pollo. Non vi è preoccupazione per chi è rimasto con la pancia vuota.Questo avviene in Brasile, la ricchezza del “prodotto interno lordo” è aumentata di forma impressionante, chi detiene il potere nel piccolo centro, nella grande città, nel governo centrale ha un pollo gigantesco, elargisce a volte delle alette, e si mangia il resto. La Petrobrás è stata inghiottita con tanta ingordigia che il suo debito è tre volte la sua liquidità; quando si parla d’investimenti sbagliati nell’acquisto di una raffineria nel Texas, del ribasso del petrolio per spiegare la situazione, bisognerebbe quantificare gli introiti derivati da milioni di barili estratti per anni, investigare la responsabilità personale e politica delle scelte scellerate. Addentrandosi nell’organizzazione del paese c’è da domandarsi se non è arrivato il tempo di diminuire il potere del presidente, infatti, l’esecutivo concedendogli le funzioni di capo di stato e di governo, delega un’autorità enorme in seno ad una democrazia giovane, con un quarto della popolazione povera, e con basso livello d’istruzione, per di più in un continente di “caudillos”. L’impreparazione della classe politica è grande quanto la sua voracità; dalla piccola cittadina alla grande metropoli i politici fanno man bassa, fregandosi della povertà, dell’insicurezza generalizzata, delle strade insicure, dell’assenza di ferrovie, dei trasporti costosi, della mancanza nel settore sanitario e dell’istruzione pubblica. Nelle ottime università pubbliche federali, la percentuale dei poveri è irrisoria, dovuto all’impossibilità di frequentare sin dalle elementari le costose scuole private e quindi riuscire a superare il test di ammissione. La crisi finanziaria, il rallentamento dell’economia cinese con il calo del prezzo delle materie prime, che implica la diminuzione della bilancia dei pagamenti, e infine il colpo di grazia per la fine delle politiche monetarie espansive che influenzano tassi e flussi finanziari a livello globale, limitando la propensione agli investimenti, lascia presagire un periodo di restrizioni. La speranza è riposta nella parte sana della società, quella che ha vissuto fino ad oggi lontano dalla cerchia politica e affaristica, magari vivacizzata da esperienze all’estero, giovane e con un ideale non solo consumistico e edonista. La ricchezza del Brasile è come il tesoro trovato da Ali Babà, non si può dare in gestione al quarantunesimo ladrone.