14 nov 2015

ROMA, con un pensiero a PARIGI...


ROMA, la tanto decantata integrazione, ha rimosso l’identità millenaria dei suoi abitanti; la popolazione contemporanea l’ha imbruttita, dileggiata, stuprata. Continua a essere fiera, forte, bella e grandiosa. Dall'alto del Gianicolo, la vista non fa ricorso all'immaginazione per afferrare cosa sia stata. E’ sdraiata e puoi ammirarla tutta. Osservi le cupole, i monumenti, la rotondità del Pantheon, le torri, il colore dei coppi e dei marmi, il Tevere tra i platani. Difficile non ammettere tanta magnificenza. Di notte tra i vicoli soffia l’aria dei secoli, gli abitanti assopiti consentono a Roma di respirare. Ecco dovrebbe essere sempre così! Via l’alterigia degli ultimi arrivati, l’arroganza di chi la danneggia, proclamandosi “romano”. Assegniamo nome a fatti e personaggi.  Quando i piemontesi presero Roma nel 1870, invitarono i 200.000 romani di mettere a disposizione delle stanze nelle loro case, per sistemare i “buzzurri” del nord e i “cafoni” del sud, come definiti popolarmente. Le abitudini della città furono sconvolte, si ascoltavano lingue diverse, e costumi sconosciuti. Il vero romano non è chiacchierone, ha un carattere taciturno e per natura è pigro. E’ molto adattabile, per questo non fu difficile adeguarsi ai tempi. Vedendo gli scandali che coinvolgono la chiesa oggi, il pensiero va ai vecchi detti di una popolazione cristianamente devota, ma per nulla rispettosa del clero: “Indove ce so’ campane, ce so’ puttane”; “Li santi nun se po creà senza quattrini”; “A Roma Iddio nun è trino ma quatrino” (inteso quattrino, ossia denaro). All'inizio del XX secolo la popolazione raggiunse i
500.000, oggi siamo oltre i 2.700.000. Per tradizione è romano chi può vantare sette generazioni, oggi non sono più di 100.000 tanto che il vernacolo, il dialetto romano è moribondo, sono pochissimi quelli che possono capire e leggere senza storpiare i poeti: Trilussa, Belli, Pascarella, Zanazzo, Bravi. La grandezza di Roma “antica” stava nella sua unità sovranazionale, i popoli conquistati avevano un’autonomia e nel tempo assimilavano la cultura romano-ellenica. Il problema sorge quando questo sentimento unitario manca. Vale per la situazione odierna di Roma, ma anche di altre grande città, che con l’aumento smisurato della popolazione, perdono l’identità. Il passo verso il disastro arriva con la “globalizzazione”, perché fin qui avevamo come fondamento la stessa cultura, quella romano-ellenica, e la religione “cristiana”. L’integrazione di altre genti in territori con forti radici storiche, con alta densità di popolazione, e nessun anello di congiunzione socio culturale, è una miccia accesa a lenta combustione. Per acquisire nuovi usi e costumi, accettare regole sociali in netto contrasto con le proprie tradizioni culturali e religiose, serve forte personalità, curiosità e apertura verso la popolazione autoctona, che solo un livello socio economico elevato può permettersi. E’ nella natura dell’essere umano risentirsi di una condizione d’inferiorità. Tutta l’emigrazione arrivata in Francia, popolandola con oltre 6.000.000 di musulmani, non poteva ambire a case in centro e amenità varie. L’errore è non aver chiarito apertamente, con sincerità, che i migranti non possono ambire allo stesso status della popolazione locale, anche perché non tutta la popolazione vive con standard vaneggiati guardando la televisione. Non è ammissibile preoccuparsi di parlare liberamente; vedere o no vignette e film, perché turba la fede di chicchessia; controllare i puntini, per non essere tacciati di razzismo o intolleranza; affliggersi perché nelle mense non ci debba essere un cibo considerato illecito dagli arabi; BASTA. La retromarcia va innestata, dev'essere scandito che chi arriva in Europa è “obbligato” ad accettare e rispettare regole NON negoziabili. Una preghiera per PARIGI e un monito per tutti gli europei. SPQR (senatus populusque romanus), il potere della Repubblica Romana era nelle mani del Senato e del popolo, come adesso nelle nostre democrazie conta il voto elettorale, ricordiamocelo per non consegnare l’Europa a criminali assettati del nostro sangue. E noi, i 2.600.000 "non Romani", teniamo a mente d'essere ospiti in casa d'altri!