16 mag 2015

ALBERTO MORAVIA e Arancio

   MAGGIO 1982, una giovanissima studentessa sogna d'intraprendere la professione di  giornalista in Italia. Riceve molti consigli, tra tanti quello di continuare a studiare, e allo stesso tempo trovare un giornale dove poter  fare le ossa. Dopo svariati tentativi, con tanti pessimisti a soffiare sul fatto che riescono solo i "figli d'arte", raccomandati di vario genere, chi gravita negli ambienti politici giusti,  ecc. ecc., bussando una porta intercetta una proposta del tipo: - " Gentile signorina, Alberto Moravia ha pubblicato di recente un libro, ha un momento di scontrosità, se lei riuscisse a intervistarlo......." - La ragazza coglie quei puntini e se ne va domandandosi come arrivare allo scrittore. Certo il compito è arduo per più motivi, primo fra tutti come prendere appuntamento con il personaggio, e santa miseria proprio Moravia! Ultimo anno di liceo, scrittore indigesto, idee morali e politiche opposte. Il sogno tuttavia è grande, bisogna cogliere l'opportunità. Un'idea si fa largo nella sua mente, e l'appuntamento con l'autore è preso in un battito
d'ali, grazie a un giovane vicino di casa e alla sua famiglia che bazzicano l'ambiente giusto. Prepararsi alla prima intervista richiedeva lo sforzo di leggere il libro "1934", ripassare "Gli Indifferenti" e brani di altri scritti ancora freschi per l'esame di Maturità. Da questo spuntarono le domande e quando arrivò il  19 Maggio, ore 16.00, Lungotevere delle Vittorie n°1, è pronta per suonare il campanello con un bouquet di orchidee in dono. La porta è aperta da una cameriera, e un festoso cucciolo di nome Arancio si fa avanti. Quando arriva lo scrittore, alto, magro, piccoli occhi indagatori sotto folte sopracciglia, trova la giovane intenta a giocare con il cane. Dopo tanti anni, sorridiamo a cosa gli sia passato per la mente. Il colloquio  informale che seguirà sarà interrotto solo dalla registrazione, necessaria per confermare il buon lavoro svolto, e continuerà  con domande personali, alle quali sarà  messo rapidamente un punto finale. L'intervista piacque molto al committente, tanto che volle affiancare il nome di un giornalista noto a quello della giovane sconosciuta. Risultato, porta sbattuta e nastro rimasto nel cassetto per anni. Reperto archeologico, infatti, è stato necessario convertirlo per riascoltarlo. Non va a futura memoria, bensì d'insegnamento ai ragazzi perché l'integrità non ha prezzo, ci sono delle professioni alle quali l'onestà, la coerenza sono affini e non contorno. Piegarsi per far mangiare i figli è una cosa, per una messa in piega è altra.
Aggiungiamo per chi vorrà ascoltare l'intervista: Alberto Moravia era pseudonimo di Alberto Pincherle, nato a Roma nel 1907 da una famiglia della media borghesia. Ha studiato fino alla licenza ginnasiale perché a nove anni una malattia lo costrinse a letto per molto tempo. Lo studio da autodidatta lo aveva convinto che le elementari erano importanti per l'apprendimento del leggere e dello scrivere, e l'università per la scelta di una professione, mentre medie e liceo erano solo un parcheggio. Decliniamo responsabilità sull'idiozia. "Gli Indifferenti" pubblicato nel 1929 è considerato il primo romanzo esistenzialista, racconta la storia di una famiglia borghese romana e la sua degradazione motivata dalla sete di denaro. Mise soprattutto in luce un aspetto inedito della realtà italiana degli anni trenta, il disfacimento della borghesia.  Il romanzo "1934" è ambientato a Capri durante l'estate. L'amore tra i due protagonisti, Lucio un giovane intellettuale nel quale si può ravvisare lo stesso Moravia, e Beate una ragazza tedesca, trae fondamento oltre che dall'attrazione fisica dalla disperazione. Beate propone a Lucio di suicidarsi, ma prima del gesto riparte per la Germania ed è sostituta dalla sorella gemella Trude. Le due sorelle sono molto differenti una dall'altra, Beate odia la vita ed il marito nazista, sua sorella invece trova nel nazismo dei valori fondati. Trude propone a Lucio uno scambio di persona, sostituirà Beate ma l'amore non dovrà finire con il suicidio. La giovane intervistatrice a molti anni di distanza continua a pensare che il libro, a suo modesto parere, sia una boiata pazzesca. Scorrendo la produzione letteraria di Moravia si rileva una varietà di tecniche narrative: romanzo d'appendice, racconto, saggio. Gli elementi principali del mondo rappresentato sono sempre gli stessi: predominio del sesso e del denaro, mancanza d'ispirazioni e idee, debolezza spirituale. Per questo la prima domanda all'autore è se non avesse poca sfiducia nell'uomo, seguita dalla domanda sulla sua dichiarazione nel 1978 che "La vita interiore" fosse il suo ultimo romanzo. Seguono le domande sull'intento di "1934"; sulla scarsa preparazione scolastica dello scrittore; se con "1934" non prendesse consistenza la critica di riscrivere sempre il primo romanzo (Gli Indifferenti); la dimensione della disperazione e del sottofondo politico in quanto temi principali del romanzo; la domanda se il suicidio fosse disperazione; quale relazione avesse con la vicenda l'incontro tra Lucio e una donna di nome Sonia; il rapporto dell'autore con la realtà; se credesse nella posizione di neutralità ideologica in uno scrittore; la sua idea per rendere migliore il mondo; come giudicasse la situazione in Argentina (periodo della guerra nelle Malvinas/Falkland); se  sentisse aria  di riflusso in quelli inizi di anni 80; il suo rapporto con Dio.
Interessante notare che l'autore alla domanda sull'intento del suo libro, risponde che un' "opera d'arte" non ne ha, dimostrandosi semplicemente contento di aver passato bene i tre anni necessari per scriverlo. Con buona pace della modestia.








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